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Danzare prima di pensare

da | 15/04/2020 | Storie

Tempo di lettura: 4 minuti

La danse est une cage où l’on apprend l’oiseau
La danza è una gabbia dove si impara a volare

Claude Nougaro, La danse (1978)

Nella casa in cui sono cresciuta il salotto era una sorta di Sancta Sanctorum. Se mia madre beccava me o le mie due sorelle metterci piede senza il suo permesso erano guai. Era molto, molto meglio, riflettere, contare fino a dieci, prima di compiere un solo passo verso la stanza proibita e violarne la sacralità.

Ogni sera, però, prima di cena, mia madre accendeva il giradischi e insieme alle mie sorelle ballavamo come matte, circondate da oggetti fragilissimi che di giorno non osavamo neanche sfiorare. Alzavamo al massimo il volume dello stereo e con i piedi sul tappeto persiano, scalze, ondeggiavamo tra il tavolo da pranzo e i divani di seta. Gli abbracci di mia madre si aprivano come le porte di un tempio e le nostre risate, riflesse sui prismi del lampadario di cristallo, riempivano le pareti.

Non siamo più bambine ma il salotto di casa nostra è ancora un Sancta Sanctorum riservato a pochi privilegiati e occasioni speciali: le amiche del Burraco, la cena di Natale, le domeniche in cui siamo tutti e in cucina non c’è abbastanza spazio, lo studio matto e disperatissimo di mia sorella Serena che si prepara per l’ennesimo concorso pubblico.
La sera della Vigilia di Natale balliamo ancora tutte insieme con il volume dello stereo al massimo e, nonostante l’età e gli acciacchi alla schiena, io continuo a seguire lezioni di danza.Spesso immagino di essere Alex la protagonista di Flashdance, uno dei miei film preferiti in assoluto. Uno di quei  film che guardi da adolescente e rimpiangi da adulto. Alex di giorno fa l’operaia, di notte la ballerina in un night club. In testa ha una marea di sogni, ai piedi una marea di calli. La sua migliore amica è una che ci prova ma proprio non ce la fa. Sui pattini ha talento in abbondanza ma le manca la grinta. Alex, invece, di grinta ne ha da vendere. Il suo capo è un gran bel tipo. Si innamorano. Lui ha anche le conoscenze giuste. Le procura un’audizione in una vera scuola di ballo, una di quelle in cui non metti neanche un mignolo se non hai: fisico da urlo, muscoli ignoti alla maggior parte degli esseri umani (e pure ai marziani), piedi a banana, le anche aperte come due metà di una mela spaccata da un coltello. Alex si incazza. Non le servono raccomandazioni. Lei deve farcela da sola. All’audizione, però, ci va. Neanche l’orgoglio può fermare il vero talento.

Siamo al gran finale. Alex è in piedi di fronte alla commissione. I suoi piedi calpestano nervosi il pavimento in parquet, la puntina del giradischi gratta la superficie del vinile.

La sua tecnica, Alex lo sa, non è delle migliori ma il fisico c’è e il body da paura pure. Alex inizia a ballare. È l’occasione della sua vita. E che fa? Inciampa. Si ferma una frazione di secondo. Guarda la commissione attonita e dice:

 

“Scusate, ricomincio”

 

Alex sono io (fisico e body da paura a parte).

Io nel mio infinito 10-2 dove traccio diagonali con il corpo e tengo il tempo fermando il conteggio a otto, come la danza mi ha insegnato a fare.

E un, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto. E due, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto…

Io che giro su me stessa guardando un punto fisso per non perdere l’equilibrio. Io che da oltre vent’anni partecipo a rassegne e saggi follemente amatoriali, inciampando parecchio visto che, diciamocelo, la mia tecnica lascia mooolto a desiderare.

Io che ogni volta ricomincio. Perché è più forte di me, perché danzando posso essere davvero me stessa, non la donna perfetta che avrei voluto diventare, che cerco di essere al lavoro, in famiglia, in amore.

Solo Simona. Una quarantenne impacciata e imperfetta che, con impegno e sorriso, sul palco ci sale comunque. Una che quando balla preferisce nascondersi nell’ultima fila per non rovinare il quadro d’insieme con i suoi immancabili errori, una con lo sguardo rivolto alla compagna più brava per il timore di dimenticare i passi.

Una che ci mette il cuore, vada come vada, perché la danza è un inno alla vita, la chiamata all’avventura che nessun eroe dovrebbe rifiutare.